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Secondo tomo del capolavoro di Luigia Codemo, pubblicato nel 1856 e accolto favorevolmente dalla critica italiana e francese. "Le memorie di un contadino" narra le vicende personali di Domenico Narcisi, umile contadino che si trasferisce per necessità a Venezia. Con una sensibilità estrema – particolarmente rilevante per l’epoca – Luigia Codemo racconta la miseria del Veneto asburgico senza filtri, regalando ai suoi contemporanei un vero e proprio manifesto di patriottismo, ai posteri un documento inestimabile sulla vita, i riti e i costumi dell’esistenza nelle campagne alla metà del XIX secolo. Adoperando una lingua ibrida, che risente tuttavia in maniera importante della lezione manzoniana, l’autrice dipinge un affresco a tutto tondo dell’orizzonte di vita di Domenico, che nel corso del romanzo entra in contatto con una miriade di personaggi ben definiti e complessi, che arricchiscono l’opera di una coralità che si presta particolarmente bene al tema trattato.Luigia Codemo (1828-1898) nasce a Treviso da una famiglia di intellettuali (il padre Michelangelo è un insegnante di lettere, mentre la madre Cornelia poetessa e traduttrice). Negli anni giovanili viaggia molto, visitando varie zone d’Europa e studiando pittura a Firenze. Nella capitale toscana entra in contatto con i maggiori letterati dell’epoca, fra cui Giusti, Tommaseo e, soprattutto, Alessandro Manzoni. Nel 1851, trasferitasi a Venezia, sposa Carlo di Gerstenbrandt. Considerata fra le più grandi scrittrici della sua generazione, Luigia Codemo è particolarmente interessata a narrare la vita della gente comune – in particolare dei contadini – in un Veneto che attende di emanciparsi finalmente dal giogo austriaco. Autrice di una trentina di opere, fra romanzi, novelle e testi teatrali, è nota soprattutto per "Le memorie di un contadino" (1856), "La rivoluzione in casa" (1869) e "I nuovi ricchi" (1876).
Pubblicato nel 1856 e accolto favorevolmente dalla critica (non solo italiana), "Le memorie di un contadino" narra le vicende personali di Domenico Narcisi, umile contadino che si trasferisce per necessità a Venezia. Con una sensibilità estrema – particolarmente rilevante per l’epoca – Luigia Codemo racconta la miseria del Veneto asburgico senza filtri, regalando ai suoi contemporanei un vero e proprio manifesto di patriottismo, ai posteri un documento inestimabile sulla vita, i riti e i costumi dell’esistenza nelle campagne alla metà del XIX secolo. Adoperando una lingua ibrida, che risente tuttavia in maniera importante della lezione manzoniana, l’autrice dipinge un affresco a tutto tondo dell’orizzonte di vita di Domenico, che nel corso del romanzo entra in contatto con una miriade di personaggi ben definiti e complessi, che arricchiscono l’opera di una coralità che si presta particolarmente bene al tema trattato.Luigia Codemo (1828-1898) nasce a Treviso da una famiglia di intellettuali (il padre Michelangelo è un insegnante di lettere, mentre la madre Cornelia poetessa e traduttrice). Negli anni giovanili viaggia molto, visitando varie zone d’Europa e studiando pittura a Firenze. Nella capitale toscana entra in contatto con i maggiori letterati dell’epoca, fra cui Giusti, Tommaseo e, soprattutto, Alessandro Manzoni. Nel 1851, trasferitasi a Venezia, sposa Carlo di Gerstenbrandt. Considerata fra le più grandi scrittrici della sua generazione, Luigia Codemo è particolarmente interessata a narrare la vita della gente comune – in particolare dei contadini – in un Veneto che attende di emanciparsi finalmente dal giogo austriaco. Autrice di una trentina di opere, fra romanzi, novelle e testi teatrali, è nota soprattutto per "Le memorie di un contadino" (1856), "La rivoluzione in casa" (1869) e "I nuovi ricchi" (1876).
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