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La battaglia combattuta a Montaperti tra i guelfi di Firenze e i ghibellini di Siena, con cui combatterono molti cavalieri tedeschi, mandati da re Manfredi di Hohenstaufen, e gli esuli fiorentini di parte ghibellina capeggiati da Farinata degli Uberti nel settembre del 1260 fu una delle più grandi del Medio Evo europeo.
La battaglia combattuta a Montaperti tra i guelfi di Firenze e i ghibellini di Siena, con cui combatterono molti cavalieri tedeschi, mandati da re Manfredi di Hohenstaufen, e gli esuli fiorentini di parte ghibellina capeggiati da Farinata degli Uberti nel settembre del 1260 fu una delle più grandi del Medio Evo europeo. L'esercito senese inquadrava 18.000 fanti e 400 cavalieri senesi, oltre a 800 cavalieri tedeschi e ghibellini, più 200 mercenari. I fiorentini, erano 3.000 cavalieri e 30.000 fanti. I caduti fiorentini- escludendo gli alleati guelfi- furono oltre 10.000, una cifra spaventosa su una città di 75.000 abitanti, il 13% della popolazione maschile valida, buona parte dei quali massacrati a battaglia conclusa. La battaglia fu ben più che un episodio come tanti altri delle contese municipali tra le due città toscane: dal trionfo dei fuorusciti derivò la rovina del Popolo Vecchio, il governo nato con la costituzione fiorentina del 1250, e il conseguente ritorno ghibellino sotto le bandiere senesi e sveve, mentre si rialzarono per un momento le estreme fortune della casa di Hohenstaufen
La sconfitta subita in Egitto e Cirenaica dall'esercito del Maresciallo Rodolfo Graziani ad opera della Western Desert Force, culminata nell'annientamento della 10a Armata a Beda Fomm nel febbraio del 1941, costituisce la più grave disfatta dell'esercito italiano nel corso della propria storia, peggiore anche di quella avvenuta il 24 ottobre 1917 nella battaglia di Caporetto: un esercito di 150.000 uomini lasciò in mano ad un nemico di sole 36.000 unità ben 133.298 prigionieri, 420 carri armati, 845 cannoni e 564 aeroplani nell'arco di due mesi esatti, dal 9 dicembre 1940 al 9 febbraio 1941, subendone l'iniziativa strategica e la superiorità morale.Per l'Italia la sconfitta in Cirenaica costituì un duro ridimensionamento e la fine della guerra parallela, con la subordinazione strategica al Reich tedesco.Ma come per Caporetto, il Regio Esercito, lungi dall'essere sconfitto, si riprese subito anche e soprattutto grazie all'aiuto del Terzo Reich ed all'esempio fornito dalle unità del Deutsches Afrika Korps. Il volume analizza le forze in campo, le pressioni politiche fatte da Roma su Graziani per spingerlo ad attaccare, e le operazioni militari, dall'invasione italiana dell'Egitto all'operazione Compass con la quale Wavell ed 'O Connor respinsero gli italiani in Cirenaica sino alle decisive battaglie di Bardia, Tobruk, el Mechili e Beda Fomm.
Nel silenzio che circonda il centenario della Grande Guerra- silenzio tutto italiano, come ci si vergognasse di aver vinto! non certo in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e perfino in Australia e Nuova Zelanda- c'è un silenzio ancora più profondo che riguarda il generale Armando Diaz e la terza battaglia del Piave, meglio nota come battaglia di Vittorio Veneto.Questo lavoro, dell'autore di Luigi Cadorna. Una biografia militare, cerca di colmare le due lacune integrando un profilo biografico di Armando Diaz, il Duca della Vittoria, con la Relazione Ufficiale sulla battaglia compilata dal comando Supremo, un lavoro assai dettagliato e, cosa degna di nota, assai corretto dal punto di vista storiografico, senza troppe concessioni alla retorica ed allo spirito del tempo, tanto che può essere ancor oggi letta con il massimo interesse, ed i bollettini di guerra dal 24 Ottobre al 4 Novembre, che della Relazione costituiscono indispensabile corollarioUna vittoria che veniva ad un anno esatto dopo lo sfondamento tedesco a Plezzo e Tolmino, e la ritirata al piave: ma l'Italia, grazie a molteplici fattori, uno dei principali dei quali fu proprio Diaz, oramai data da alleati e nemici come sull'orlo della disfatta, seppe riconoscersi come Nazione, e riprendersi, bloccare il nemico sul Piave nella battaglia del Solstizio ed infine uscire vincitrice dal conflitto.Churchill ha scritto che Nessun popolo, tranne i romani dopo Canne, seppero riprendersi tanto rapidamente da una sconfitta. Il libro vuole riportare l'interesse su una figura determinante della storia militare dell'Italia del XX secolo come Armando Diaz, e su una battaglia di cui qualcuno si è addirittura spinto a scrivere, senza vergognarsene, che non fu mai combattuta, né fu mai sparato un colpo: ciò malgrado dal 24 ottobre al 4 novembre gli italiani ed i loro alleati ebbero 36.498 tra morti e feriti- nell'intera campagna di Grecia del 1940-41 per confronto gli italiani ebbero 20.000 perdite- e gli imperiali 90.000 morti, feriti e dispersi e 426.000 prigionieri.Il lavoro è completato dall'ordine di battaglia, il più dettagliato pubblicato sino ad oggi, del Regio Esercito e delle unità alleate alla vigila dell'offensiva di Ottobre, e da una cronologia dell'ultimo anno di guerra, che permetterà al lettore di avere un inquadramento degli avvenimenti senza bisogno di appesantire il testo, oltre ad una ricca parte iconografica proveniente dall'Archivio di Stato e dell'USSME.
Zidouh 'l guddem! En avant! Era il grido di battaglia dei Tabors marocchini del Corps Expéditionnaire Français d'Italie, in grado di gelare il sangue tanto ai tedeschi quanto alle popolazioni civili del Basso Lazio e della Toscana meridionale.Tra le truppe che combatterono in Italia, i goumiers marocchini sono quelli che hanno lasciato un solco indelebile nella memoria della gente della Ciociaria, del Lazio e dela bassa Toscana. Immortalati dal romanzo La Ciociara di Moravia e dal film di De Sica con Sophia Loren gli stupri e le violenze commessi dai coloniali francesi del Corps Expéditionnaire Français d'Italie hanno offuscato il ricordo dei combattimenti sul fronte della linea Gustav e fatto nascere il termine marocchinate.Intorno a questi soldati berberi vestiti con la djellaba ed il bournus sono nate innumerevoli leggende, ed anche i numeri delle violenze loro attribuite hanno raggiunto cifre altissime: si è scritto sino a sessantamila violenze sessuali.Questo lavoro, il primo storiograficamente corretto condotto sull'argomento, intende fare chiarezza sui goumiers del Groupement de Tabors Marocains del generale Guillaume, analizzandone l'arruolamento, la psicologia, i combattimenti sostenuti dalle Mainarde agli Aurunci, e quantificando sulla base degli studi più recenti, anche d'oltralpe, i veri numeri delle violenze, e se siano veramente, come vorrebbe la leggenda, tutti da attribuire ai goumiers o anche agli altri reparti regolari, nordafricani e francesi, del CEF. Si farà luce anche sull'ordine del giorno attribuito al generale Juin che avrebbe concesso ai suoi uomini cinquanta ore di libertà per violentare e saccheggiare, una puerile invenzione che non regge ad una qualsiasi analisi storica.Se non fu una violenza autorizzata, fu però tollerata e solo tardivamente repressa senza energia, il prezzo che i francesi vollero far pagare all'Italia ormai a terra per il coup de poignard del giugno 1940, in nome di una liberazione che fu solamente una brutale invasione per la quale nessuno ha mai risposto.Completa il lavoro una ricca appendice documentaria con gli organigrammi completi del GTM e del CEF ed una ricca parte iconografica con fotografie dagli archivi francesi e statunitensi.
La tenacia dei paracadutisti tedeschi è davvero eccezionale, ove si consideri che sono stati sottoposti al più grande concentramento di fuoco mai prima attuato, per ben sei ore, ad opera dell'intera aviazione del Mediterraneo e di gran parte dei nostri 800 pezzi d'artiglieria. Stento a credere che vi siano altre truppe al mondo che avrebbero potuto resistere a tale tempesta di fuoco e poi passare all'attacco con la ferocia da essi dimostrata. (Il Feldmaresciallo Harold Alexander a Winston Churchill, 20 marzo 1944) Una storia rapida, ed allo stesso tempo completa ed accurata, delle quattro battaglie combattute a Cassino tra il gennaio ed il maggio 1944, che vuole essere un tributo alla tenacia ed al dolore dei soldati tedeschi ed alleati che si affrontarono sulla linea Gustav, in cui insieme alla narrazione storicamente approfondita si fondono brani di documenti dell'epoca e le testimonianze dei protagonisti e dei testimoni.Perché la storia militare, oltre che storia di strategie, di tattiche, di comandanti, di frecce sulle cartine, è anche storia di uomini, di carne, di sangue.Una nuova opera dell'autore di Camicia nera! Storia militare della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale dalle origini al 25 luglio e di Südfront. Il Feldmaresciallo Albert Kesselring nella campagna d'Italia 1943- 1945, impreziosita con una ricca documentazione iconografica.
Uno studio obiettivo della conduzione della guerra da parte di Cadorna porta alla smentita di tanti luoghi comuni spacciati per verità storiche: si scoprirà che l'esercito italiano, unico esercito alleato costantemente all'offensiva dall'inizio della guerra, fu quello che fece le maggiori conquiste territoriali, che le perdite italiane furono inferiori a quelle francesi ed inglesi, che le fucilazioni e gli atti d'indisciplina nell'esercito italiano furono molti meno di quelli avvenuti in Francia, che gli italiani nel 1917 avevano superato tecnicamente l'avversario, cui erano inferiori nel 1915, che Cadorna fu l'unico generale alleato a ragionare in termini di guerra di coalizione e non di guerra parallela. Sotto Cadorna l'esercito italiano inquadrò circa tre milioni di uomini, quanti mai né prima né dopo, e combatté le più grandi e sanguinose battaglie della propria storia arrivando ad essere una macchina militare mastodontica, lenta e possente, capace di rialzarsi senza l'aiuto alleato e vincere una guerra, dopo aver subito una catastrofica disfatta. Viene analizzata approfonditamente la battaglia di Caporetto ed la ritirata al Piave, e sono integralmente riportati gli ordini del 18 settembre e del 10 ottobre 1917 dati ai Comandanti d'Armata alla vigilia di Caporetto, che smentiscono definitivamente la leggenda di un Cadorna sorpreso dagli avvenimenti e incredulo circa l'offensiva nemica: ordini che, se eseguiti, avrebbero cambiato le sorti della battaglia; è poi riportato anche lo studio fatto preparare da Cadorna già nel giugno 1917 sul'eventuale ripiegamento al Piave, che il Generalissimo applicò dopo Caporetto, salvando l'esercito e vincendo la battaglia d'arresto. Anche la figura dello spietato macellaio, del fautore di una disciplina crudele ed ottusa tanto cara alla storiografia progressista viene ridimensionata sulla base della corrispondenza con il governo, riportata in appendice. In questo lavoro la figura di Cadorna è vista come appare dai documenti d'archivio, dalla corrispondenza privata, dai giudizi di amici ed avversari, per restituirne un ritratto imparziale basato su una documentazione spesso inedita, che cerca di ristabilire la verità al di là di apologie e denigrazioni.
Dopo la sconfitta di Caporetto alleati ed avversari ritenevano oramai certo il crollo definitivo dell'Italia. Eppure, solo qualche mese più tardi, il Regio Esercito era tornato pienamente efficiente, e respinse l'ultima offensiva austro-ungarica, la cui riuscita era data per certa dai comandanti imperiali. Il presente volume, il primo ad esser dedicato esclusivamente alla battaglia del Solstizio, analizza ciò che per l'Italia fu l'equivalente del "Miracolo della Marna": dai comandanti alla struttura degli eserciti in lotta, agli avvenimenti giorno per giorno, analizzando documenti spesso inediti e attraverso testimonianze dell'epoca, per descrivere quello che fu il maggior successo del Regio Esercito nel corso della propria storia. In appendice, le Medaglie d'Oro al Valor Militare conferite, l'elenco delle Brigate italiane impiegate e dei relativi Reggimenti, e, ad illustrare le diverse fasi della battaglia, numerose foto concesse dallo Stato Maggiore dell'Esercito Italiano.
Il 24 maggio 1915 il Regno d'Italia entrò nella Grande Guerra, che si sarebbe dimostrata il momento più alto e tragico della sua storia, a poco più di cinquant'anni dalla sua unificazione.In quella lotta tremenda durata quattro anni, la Brigata Granatieri di Sardegna , con i suoi due valorosi Reggimenti, i più antichi del Regio Esercito scrisse, nel grande quadro della guerra della Fanteria italiana, le pagine più gloriose della storia trisecolare delle Guardie di Casa Savoia, divenendo la Brigata con più decorazioni individuali dell'Esercito e quella che sopprtò le perdite più alte: 7.699 morti e dispersi, 13.485 feriti.Sempre in prima linea, da Monfalcone ad Oslavia, dall'Altopiano di Asiago alla Bainsizza, da Flambro alla riscossa sul Piave i Granatieri furono costantemente impegnati in prima linea, guadagnandosi il rispetto del nemico, che li considerava i migliori soldati italiani.In questo libro, giunto alla seconda edizione rivista ed ampliata, Pierluigi Romeo di Colloredo Mels, considerato uno dei più autorevoli esperti del periodo (Luigi Cadorna. una biografia militare; La battaglia del Solstizio. Piave giugno 1918; Caporetto. L'utile strage) ne racconta la storia, dal maggio radioso all'impresa fiumana, con un ricco corredo iconografico in gran parte inedita ed un vasto apparato documentario, con autorevolezza di storico e passione di Granatiere.
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